venerdì 29 Marzo 2024

Quando l’esagono non basta più

Sei lati. L'unica figura geometrica capace di formare una griglia coesa, assieme al triangolo e al quadrato del quale “arrotonda” gli angoli, aprendosi al concetto un po' “alternativo” di “diagonale”. Insomma, l'esagono. Un piccolo “trucco”, usato per semplificare la vita a chi non aveva il tempo e lo spazio per muovere eserciti di soldatini di piombo sul pavimento: adesso bastavano un bel po' di esagoni sovraimpressi a una mappa, qualche segnalino di carta e un dado per ricreare intere battaglie sul tavolo della cucina.
Poi, però, qualcosa è andato storto…

Primi giorni di Marzo 2018.
Nella nuova puntata della popolare serie TV The Big Bang Theory succede una cosa veramente insolita: a un certo punto Sheldon – probabilmente il più famoso esempio di nerd della storia della televisione – entra in scena portando sottobraccio una grossa scatola color sabbia. Tempo un paio di inquadrature e sul pavimento della casa dei suoi amici ha già steso le (varie) mappe, predisposto le (infinite) tabelle e piazzato le (tante) pedine di un grande classico del wargame tradizionale a esagoni: The Campaign for North Africa (pubblicato nel 1979, autore: Richard Berg). Durata prevista della partita? Qualche settimana…
Ora, anche io come molti altri appassionati del genere, ho gioito per questo inaspettato riconoscimento. Finalmente il wargame, così come gli altri tipi di boardgame, i videogame, i giochi di ruolo e i fumetti entra di diritto a far parte dell’immaginario collettivo grazie a una serie seguita dal grande pubblico. Spinto da questa inaspettata fama, il vecchio, e ammettiamolo un po’ ingestibile, monster game della SPI ha addirittura raggiunto il primo posto della classifica della Hotness di BoardGameGeek!
Poi, nei mesi successivi ho cominciato a pormi una domanda: ma come era stato raffigurato e percepito il wargame in questo immaginario? Semplice, come un’occupazione da “superfissati” genialoidi, però allo stesso tempo un po’ “strambi” anche per gli altri nerd. Insomma, un passatempo di grande bellezza e alto valore intellettuale ma del tutto inaccessibile ai più, ingestibile nella pratica e interminabile nella durata.
In parole povere: noioso.
Non era certo la prima volta che mi trovavo di fronte a queste tenaci convinzioni degli altri, fossero anche frequentatori del mondo ludico. Tanto che qualche dubbio era venuto anche a me: mi ero forse sbagliato per tutti questi anni e quello che avevo sempre ritenuto essere il più divertente e coinvolgente dei generi ludici era in realtà una roba complicata e per pochi? Insomma, la nicchia nella nicchia della nicchia dell’intrattenimento?
Facciamo un altro passo indietro: 1961. (Su, non lamentatevi, stiamo parlando di gioco storico… e ringraziate che ci siamo fermati assai prima delle Guerre Puniche!)
Charles S. Roberts, fondatore della ormai mitica casa produttrice Avalon Hill, è in visita alla RAND Corporation, il più grande centro di studi strategici sovvenzionato dal governo americano. La leggenda vuole che veda lì per la prima volta una mappa topografica con sovraimpressa una griglia a esagoni per rappresentare i movimenti delle unità sul campo e gli venga la bella pensata di utilizzarla nella ristampa di due suoi titoli di successo: Tactics II e, soprattutto, Gettysburg, il primo boardwargame dedicato a un preciso evento storico.

Da quel momento, RANDo non RAND, l’esagono diventa una costante del gioco di simulazione tradizionale: è una figura geometrica semplice, risolve i problemi di rigidità delle griglie a quadrati, permette di rappresentare con adeguata approssimazione spostamenti e orientamenti anche sui terreni più irregolari. Insomma, se le api usano gli esagoni nei loro alveari da millenni un motivo ci sarà, no?
E così si va avanti per un buon paio di decenni, con l’esagono che diventa il vero e proprio simbolo del gioco di simulazione, tanto che sarà poi adottato come logo dalla grande rivale della Avalon Hill, la SPI di Jim Dunnigan.
Tuttavia, sarà stata colpa degli sconvolgimenti culturali degli anni Sessanta, forse del mutamento della percezione dei conflitti, magari sarà stato il Vietnam o chissà che altro ma fin dalla metà degli anni Settanta l’esagono inizia a entrare in crisi. C’è chi si lamenta dell’eccessiva meccanicità delle simulazioni, chi lo identifica con un modo un po’ “vecchio” di giocare, troppo complesso e legato a regolamenti sempre più dettagliati ma sempre più arzigogolati e difficili da gestire
Si diffondono già allora soluzioni come le mappe suddivise in settori, i tracciati da punto a punto, i giochi a impulso ad area o addirittura i giochi a spostamento libero su mappe prive di griglia.
Il problema però non è solo di natura geografica.
A essere messo in discussione, in effetti, non è tanto l’esagono ma quella che in una recente intervista l’autore Mark Herman ha definito la “concezione puramente cinetica” della simulazione storica, per la quale ci si concentra su come spostare le armate dal punto A al punto B e non sulle dinamiche storiche più profonde.
Forse è partendo da queste riflessioni che, tra gli altri, proprio lui nel 1993 inaugura con We the People il genere del card-driven, ossia quelle simulazioni in cui i giocatori non sono liberi di spostare le loro truppe esagono per esagono come pezzi su di una scacchiera, bensì devono fare i conti con una lunga serie di fattori esterni (non solo militari, ma anche economici, politici o altro) rappresentati dalla limitata mano di carte a loro disposizione.
Un genere che produrrà veri e propri gioielli ludici come For the People, Wilderness War, Sword of Rome, Empire of the Sun (particolare significativo: qui gli esagoni ci sono ancora) e i più noti Twilight Struggle o Annibale e Amilcare (ok, scusate, è vero: alle Guerre Puniche ci siamo arrivati!).

Insomma, il gioco di simulazione abbandona a poco a poco la rappresentazione “lineare” della realtà storica sia nei suoi eventi  che nelle stesse cause dei processi decisionali. Il primo nome, anzi la prima sigla, che ci viene in mente a questo riguardo è naturalmente COIN, o COunter INsurgency, la fortunata serie di titoli come Fire in the Lake, A Distant Plain o Cuba Libre dedicati ai conflitti asimmetrici come per l'appunto il Vietnam, l'Afghanistan o la rivoluzione Castrista, di cui avremo modo di riparlare. O ancora simulazioni politico militari quali Churchill o Pericles, che ci mettono letteralmente sulla sedia di grandi statisti costretti a bilanciare le esigenze strategiche con le mille trappole della politica, oppure le intricate strategie dell’antiterrorismo globale di Labyrinth o ancora le “guerre per procura” nell’Asia dell’Ottocento di The Great Game.
Nel mezzo c’è stata per l’appunto la presa di coscienza dei limiti della simulazione classica, la sua grande crisi degli anni Ottanta e Novanta, i giochi di ruolo e per computer, i giochi di carte collezionabili, l’ascesa del boardgame “generico” non storico e la successiva rinascita del gioco di simulazione stesso. Già, perché grazie all’azione di ottime case produttrici e alla diffusione dei social, anche il caro vecchio gioco storico sta di nuovo prendendo piede nelle case, nelle associazioni e nelle convention.
Ma tornano anche gli esagoni, talvolta affiancati da carte e altre meccaniche più “flessibili” (in alcuni casi addirittura prese a prestito dagli eurogames alla tedesca) e non di rado sostenuti da componentistiche, è proprio il caso di dirlo, meno “spartane” e da regolamenti più sintetici. E sull’onda dei successi contemporanei ritroviamo sui tavoli da gioco delle convention anche vecchie glorie come World in Flames, Harpoon, Advanced Squad Leader.

Quindi questo benedetto esagono non è poi così superato come sembrava? Probabilmente  tutt’altro. Rimane sempre una soluzione di grande eleganza con cui rappresentare su una mappa geografica l’azione delle forze in campo e la complessità delle manovre. È una geniale semplificazione rispetto ai problemi pratici dati dal gioco con le miniature che a mezzo secolo dalla sua comparsa può ben sposarsi con le meccaniche più innovative. Nonché l’ultima testimonianza del tentativo di ricreare una realtà storica armati di una mappa, un po’ di statistica e un pizzico di geometria.
Nell’avvicinarci a questa piccola ma fondamentale figurina geometrica – come anche a tutto il mondo del gioco di simulazione – basterà non avere eccessivi e alla fin fine non giustificati timori, adottare un approccio aperto alle novità, capire quali sono le proposte ludiche più vicine alle nostre esigenze e, semplicemente, godersi i magnifici viaggi resi possibili da queste “macchine del tempo di carta”.
Sarà dunque questo l'obiettivo dei prossimi articoli, trovare quei titoli capaci di coinvolgere tutti i giocatori, sia gli appassionati più rigorosi sia i molti che ancora non hanno avuto modo di conoscere il gioco storico. Rimanete con noi e con questa piccola figurina a sei lati, all'apparenza così semplice eppure ancora capace di regalarci nuove sorprese.

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