giovedì 28 Marzo 2024

Spiel des Jahres – Riflessioni su un bene culturale sottovalutato

Parallelamente al lavoro di analisi che viene svolto per determinare il il vincitore dello Spiel Des Jahres (sono giusto di due giorni fa le nomination) prosegue la rubrica inaugurata da Tom Felber in cui i membri del comitato organizzativo del premio espongono il loro modo di intendere i giochi e l’importanza che per loro ricoprono nella società (anche se chiaramente in queste riflessioni si fa sempre riferimento alle abitudini sociali della popolazione tedesca).
Synes Ernst fornisce in questo articolo una chiave di lettura del “giocare” che va ben oltre l’esperienza ludica fine a se stessa, ne esalta gli aspetti formativi e creativi che dovrebbero essere applicati in ogni altra sfida quotidiana.
Sarebbe interessante sapere quanto questi fattori siano tenuti da conto in fase di giudizio dei candidati al titolo di nuovo gioco dell’anno…

Riflessioni su un bene culturale sottovalutato di Synes Ernst, membro consultivo dell'associazione Spiel des Jahres.

La conduttrice del TG intendeva proprio consolare le spettatrici e gli spettatori tormentati dal maltempo, quando disse “Fuori è caldo e umido, una buona occasione per giocare assieme a noi nella prossima trasmissione”.
I pregiudizi sono ancorati in profondità. Uno di questi è il pregiudizio che i giochi siano un magnifico passatempo, sopratutto quando fuori fa un tempo da cani. Pochi si meravigliano che il settore ludico generi tre quarti del proprio fatturato tra novembre e dicembre, non solo le condizioni atmosferiche sono favorevoli, ma anche il fatto che tradizionalmente il giocare assieme si lega alle riunioni di famiglia e che tutto questo faccia parte delle emozioni del periodo prenatalizio.

Non ho niente contro questo modo di vedere le cose. Solo: chi degrada il gioco a tappabuchi o lo considera una tradizione un po' impolverata, disconosce il tremendo potenziale che si nasconde in questo bene culturale. Il gioco accompagna l'uomo da migliaia di anni. E' più antico della scrittura. In India, Cina, Egitto e Mesopotamia le persone hanno trasmesso il loro modo di vedere la gerarchia, l'ordine e la potenza divina e terrena attraverso il gioco ed in questo modo hanno continuato a sviluppare la civilizzazione, la cultura e la società. Alcuni di questi giochi, come il “non t'arrabbiare”, che deriva dall'antico gioco indiano Pachisi, esistono in parte ancora oggi.
Queste nozioni sono già state trattate molte volte, mentre io voglio concentrarmi su quel potenziale presente in ogni gioco capace di arricchire la nostra vita in modo semplice e meraviglioso.

Queste “forze segrete” stanno in qualunque gioco, indipendentemente dalla sua complessità. Grazie al suo particolare regolamento un gioco costituisce un mondo a sé, distinto dalla nostra vita reale, e questo gli conferisce libertà e leggerezza. E' come un incantesimo che attrae tutti a sé. Grossomodo ci si accorge, che il gioco ci offre uno spazio in cui sono richieste tutte le nostre facoltà intellettuali, sociali, comunicative e creative. Chi raccoglie la sfida sperimenta come tutte queste facoltà siano richieste contemporaneamente. Perché giocando si è subito consapevoli di come ci si possa aprire in questo spazio. Giocando non consumiamo, bensì creiamo, agiamo, spingiamo il gioco in avanti. Si è attivi, non passivi. I giocatori sviluppano strategie e tattiche o sperimentano diverse strade e modi di comportarsi. A volte si arriva prima e meglio al traguardo se si legano le nostre forze e abilità a quelle dei compagni di gioco cooperando in una squadra. Anche questo aspetto (la cooperazione) in un gioco avviene facilmente e senza costrizioni – training on the job, imparare senza pressioni. Per questo ogni gioco è un gioco educativo. Perché imparare giocando è più facile e contestualmente porta felicità. A sua volta la sensazione di gioia derivante dall’esperienza ludica, secondo i risultati delle ricerche sul nostro cervello, è uno dei principali prerequisiti affinché lo studio dia i suoi frutti.

Le persone si sono intrattenute coi giochi dai sempre. Però i giochi offrono più del mero intrattenimento e per questo motivo dovrebbero essere usati ovunque ci siano persone da far lavorare assieme, ovunque ci siano sfide o problemi da risolvere assieme, ovunque si cerchino strade per promuovere quelle capacità che sono significative per il progresso e la crescita della nostra società.

Giocando in modo intensivo le persone imparano a conoscersi meglio l'un l'altro piuttosto che attraverso lunghi seminari e questo facilità una futura collaborazione. Attraverso il gioco si sperimenta direttamente quanto la cooperazione sia importante in un team e cosa significa quando qualcuno non è integrato. Si impara a contrattare in modo finalizzato, ad organizzarsi di conseguenza e a pianificare i passi per raggiungere l'obiettivo. Per fare questo è richiesta agilità mentale. La situazione sul piano di gioco cambia infatti in modo repentino e questo spinge a eseguire analisi rapide. Perché solo così facendo si è in grado di fare la scelta giusta quando si giocano le proprie carte o si muove la propria pedina. La promozione delle flessibilità mentale è fondamentale per una società come la nostra, che in futuro sarà sempre più dipendente dal rendimento delle persone anziane.

Nel gioco si impara ad adattare il proprio comportamento alle diverse situazioni. Devo comportarmi in modo difensivo o aggressivo? Quanto devo rischiare? Tutto questo viene deciso caso per caso. In ogni modo si deve mostrare iniziativa e si deve saper contrattare, ma allo stesso tempo ci si deve assumere la responsabilità di queste scelte. Nessun altro giocatore lo farà per noi.

L'autoresponsabilizzazione porta direttamente all'impegno, senza cui non ci sarebbe alcun gioco: senza regole non esiste il gioco. Questo significa che tutti i partecipanti ad un gioco si impegnano a rispettare queste regole. Anche in questo senso il gioco è una scuola di vita, benché nella società odierna basata sul “laisser-faire” questo possa sembrare un po' antiquato. Giocatrici e giocatori non devono quindi essere persone che insistono con le solite vecchie idee: poiché nel gioco sia ha sempre una seconda chance e dopo aver fallito si può ricominciare, si è spinti a provare sempre qualcosa di nuovo. Questo potrebbe motivare le persone a cercare soluzioni creative anche nella vita di tutti i giorni, oppure a spingere per riforme nella società, laddove le strade tradizionali si sono dimostrate dei vicoli ciechi.

Chi gioca riceve tutto questo. Così, semplicemente. Giocare è qualcosa di più di un gioco.

Questo testo è stato redatto da Synes Ernst su incarico del museo nazionale svizzero in occasione dell'esposizione “Von Spielzeugen und Spielen” (“Su giocattoli e giochi”), dal 27.10.2012 al 17.03.2013 nel Forum Schweizer Geschichte (“Forum di storia svizzera”) a Schwyz.


Ringraziamo Fabrizio Paoli per il consueto supporto nella traduzione e pubblicazione di questi articoli.

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