venerdì 29 Marzo 2024

Carrara Show – Impressioni di gioco – parte 1

Carrara Show, Il nuovo festival del gioco e del fumetto di Carrara, è in corso in questi giorni e vedrà concludersi questa sua prima edizione il 2 giugno. Le opportunità di gioco non sono sicuramente mancate, complice anche una partecipazione modesta dei giocatori nei primi due giorni di fiera: l'area di gioco allestita era veramente molto molto grande, anche nei momenti di massima affluenza i tavoli a disposizione erano sempre parecchi, il che forse non favoriva il colpo d'occhio ma ha garantito un ambiente molto confortevole e una scelta ampissima agli intervenuti.
Tutta questa disponibilità ci ha permesso di accedere agevolmente ai tavoli demo degli editori e agli spazi di Casa Germania.
Quest’ultima non si è limitata ai titoli più recenti per ciascuno degli editori che hanno partecipato all’iniziativa, i dimostratori della Tana dei Goblin di Venezia hanno selezionato diversi giochi rappresentativi dei vari cataloghi pubblicati negli ultimi anni, offrendoci quindi la possibilità di provare le novità come alcuni classici.
In queste nostre prime impressioni di gioco da Carrara Show andiamo quindi a parlare di una nuova localizzazione di un editore nostrano e quattro giochi di matrice teutonica: Deus, Kipp X, Zombeasts, Cacao e Yak.

Ancora una volta, ripetiamo quali sono i 5 attributi che abbiamo identificato per modellare l’esperienza di chi prova un gioco per la prima volta in una fiera: Aspettative iniziali (cosa so del gioco e con quali speranze l’ho approcciato), Magnetismo del tavolo (quanto sono stato attratto dal suo allestimento sul tavolo), Rapidità di comprensione (quanto è stato semplice entrare nel gioco attraverso la spiegazione del dimostratore), All'atto pratico (come si è rivelata la reale esperienza di gioco), Retrogusto (ovvero, lo compro o non lo compro?).
Ciascun attributo lavora su una scala che va da 1 (poco) a 5 (moltissimo).
Ma ricordate: queste sono solo “impressioni a caldo”! Molti dei titoli qui descritti saranno successivamente trattati con anteprime e recensioni, dove il nostro parere originerà da analisi ben più complete e articolate.

Kipp X (editore: Franjos)
Impressioni di gioco di: Massimiliano Calimera

Aspettative iniziali: 1 di 5 (Un gioco che ho visto spesso alle fiere negli ultimi 2 anni, ma che non mi ha mai convinto a provarlo)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (Tra tutti i titoli Franjos di Casa Germania, senz’altro il più attraente)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (Immediatissimo, pochi secondi e si può iniziare)
All'atto pratico: 4 di 5 (Un ottimo esponente tra i giochi di “equilibrio”)
Retrogusto: 5 di 5 (Decisamente un must per chi ama il genere)

Kipp X è un gioco che vedo circolare sui tavoli da almeno un paio d’anni (specialmente all’estero), eppure chi ha selezionato i titoli di Casa Germania lo ha considerato immancabile per rappresentare al meglio la Franjos in questa isola tedesca del Carrara Show. Kipp X è un gioco di destrezza in cui i giocatori devono liberarsi di tutti i loro cubetti di legno (di diverso colore, dimensione e soprattutto peso) ponendoli sopra una croce di legno basculante. La croce in questione è l’elemento attrattivo principale del gioco: una croce divisa in piccole sezioni su ognuno dei bracci, destinate a contenere i nostri cubetti di legno, che al centro, sul lato a contatto con il tavolo, ha una semisfera. 
E veniamo quindi al gioco: il primo giocatore piazza cubetti dalla sua riserva sulla croce ponendoli dove preferisce sui bracci non a contatto con il tavolo, fino a quando la distribuzione del peso non provocherà l’inclinazione della struttura. A quel punto tocca al giocatore successivo che potrà piazzare cubetti solo sui nuovi bracci alti, fino a quando non scatenerà un ulteriore inclinazione. Se durante questo continuo basculare, qualche cubetto dovessero cadere dalla croce, questi finiranno nella riserva del giocatore di turno. Vince ovviamente il primo che piazza tutti i suoi cubetti.
Ci sono bastati pochi turni per renderci conto delle cattiverie che potevamo architettare, ponendo cubetti in maniera diabolica (anche uno sull’altro) non tanto per liberarcene quanto per farli sicuramente cadere al giocatore successivo. Ho perso, come sempre in questo tipo di giochi, ma mi son divertito parecchio.
Direi che gli appassionati di giochi di equilibrio non dovrebbero lasciarselo scappare.

Yak (editore: Zoch)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi

Aspettative iniziali: 1 di 5 (Non lo conoscevo)
Magnetismo del tavolo: 1 di 5 (Il tavolo è quasi sempre vuoto)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (Meccanica ben nota)
All'atto pratico: 2 di 5 (Giochino senza pretese e nemmeno troppo divertente)
Retrogusto: 1 di 5 (Nel genere c’è di meglio, e parecchio)

Preso dal sacro fuoco del provatore di giochi per i nostri amati lettori,  mi sono piazzato a Casa Germania per giocare a qualcuno dei molti titoli a disposizione, puntando le ultime uscite. Ci siamo quindi messi al tavolo per scoprire Yak, gioco in cui gli omonimi e pelosi buoi delle nevi hanno in realtà un ruolo molto marginale.
Il gioco si presenta sul tavolo come una grande pila di carte, che scopriremo contenere non una, non due, ma ben sei diverse illustrazioni e tre numeri. Le illustrazioni rappresentano tipiche creature delle nevi: lo yeti (talmente piccolo che nessuno lo ha mai visto), la marmotta, parente imbucata della nota confezionatrice di cioccolata, l’avvoltoio che non è delle nevi ma ha agganci in alto, la capra, che fortunatamente era sopra la panca, e lo Yak che da il nome al gioco.
I giocatori hanno in mano tre carte, si inizia calandone una coperta, formando così la pila delle carte coperte, e dichiarando che in questa neonata pila c’è almeno un animale di un certo tipo. Ad esempio potrei iniziare dicendo “uno yeti”. A questo punto il giocatore seguente può dubitare di me o calare una carta a sua volta. Nel primo caso si rivela la pila delle carte coperte e si contano gli animali, se la mia dichiarazione era vera il calunniatore si prende le carte della pila, altrimenti vanno a me. Presumendo che nessuno dubiti alla prima carta, il nostro quasi calunniatore deve calare a sua volta una carta e scegliere tra queste due opzioni: dichiarare che nella pila coperta c’è un numero più alto di animali dello stesso tipo, ad esempio “tre yeti”, oppure lo stesso numero da me dichiarato, ma con un animale di taglia più grande, ad esempio “uno Yak”. Il giocatore seguente decide se dubitare o calare carte e così via fino al momento in cui qualcuno dubiterà e, si spera, qualcun’altro si beccherà la pila degli animali coperti. Il gioco finisce quando tutte le carte sono state giocate, nessuna esclusa. A quel punto chi ha davanti a se il minor numero di carte vince. Noi ci siamo fermati parecchio prima, un poco per la necessità di provare altri giochi, un poco perché va bene il sacro fuoco ma a tutto c’è un limite… il gioco in se non sarebbe nemmeno troppo male, ma è uguale a tanti altri giochi già in circolazione, non portando quindi nulla di nuovo a un genere che può interessare un giocatore molto giovane (complici anche le simpatiche  illustrazioni Zoch) ma che probabilmente non arricchisce chi è già pratico di questo tipo di giochi basati sul bluff.
Ho saputo che questo Yak è in realtà una versione semplificata di un gioco pubblicato qualche anno fa in Cina, magari conviene provare l’originale prima di optare per questo…

Cacao (editore: Abacusspiele)
Impressioni di gioco di: Massimiliano Calimera

Aspettative iniziali: 3 di 5 (E’ da quando l’ho visto a Norimberga che volevo provarlo)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (A prima vista sembrava un Carcassonne a tema Sud America)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (Semplice, e anche i componenti guidano nella comprensione)
All'atto pratico: 4 di 5 (Ottima alternativa al blasonato Carcassonne)
Retrogusto: 4 di 5 (Non sono un fan del genere, ma il prossimo piazzamento-tessere che comprerò sarà sicuramente questo)

Non impazzisco per i giochi di piazzamento tessere, anche se le ultime varianti “Around th world” di Carcassonne non mi sono dispiaciute affatto. Questo Cacao ha generato un certo clamore da inizio anno, una sorta di sfida della Abacusspiele al dominio indiscusso di Hans Im Gluck sul genere, ottima occasione quindi quella offerta da Casa Germania per provarlo.
In Cacao la nostra tribù dovrà occuparsi di coltivare le preziose piante di cacao (per poi andarle a rivendere al mercato),  raccogliere l’acqua necessaria per la vita del villaggio e adorare divinità in maniera più convinta delle tribù avversarie. Tutte queste attività genereranno gettoni d’oro (si anche le preghiere al tempo) e chi ne avrà di più a fine partita sarà il vincitore. Ciascun giocatore ha una sua pila di “tessere lavoratori”, sono tessere quadrate con le immagini di 4 omini della classica forma dei meeple distribuiti sui 4 lati: su una tessera potrei avere 1 omino per ogni lato, su un’altra 3 omini su un lato e 1 su un altro e i restanti due lati vuoti, e cosi via. C’è poi un’altra pila comune di tessere che riportano gli elementi della jungla: piantagioni di cacao, pozze d’acqua, mercati, templi, e pietre del sole.  Piazzando una tessera della mia mano di tre, interagisco con le tessere di fianco in una misura pari al numero di omini disegnati, ad esempio se il lato della tessera che ho piazzato riporta 2 omini ed è a contatto con una piantagione di Cacao, raccoglierò due segnalini cacao, se poi magari un altro lato con un omino è a contatto con un mercato, allora venderò un segnalino Cacao al prezzo di quel mercato. Se nel piazzare una tessera creo uno spazio vuoto tra quella che ho appena calato e un’altra tessera lavoratori (mia o di un altro giocatore), riempio subito lo spazio con una delle tessere jungla (ce ne sono sempre due scoperte tra cui scegliere): se ci sono omini a contatto con la nuova tessera questi ci interagiranno subito, anche se sono di altri giocatori.
Tutto qui: le varie tessere permettono di fare soldi in maniera differente, ma in generale si cerca sempre di piazzare la propria tessera lavoratori e la tessera jungla in modo da ottenere il massimo guadagno per se stessi e ridurre le opportunità degli avversari che inevitabilmente saranno a contatto. Poche regole e sistema che tiene alta l'attenzione per tutta la durata della sfida. La prima partita che ho giocato è stata decisamente accesa ed è durata una quarantina di minuti, quando ho finito la fiera stava chiudendo altrimenti ne avrei sicuramente giocata immediatamente un’altra.
Se dovessi consigliare un nuovo gioco di piazzamento tessere, sceglierei sicuramente Cacao, spero tanto che qualcuno annunci presto un’edizione italiana.

Zombeasts (editore: HUCH!)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi

Aspettative iniziali: 3 di 5 (Ci sono gli animali Zombie!!!)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (Il tavolo sembra il lunario!)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (Puoi scegliere tra solo due azioni, ma il manuale è scritto male)
All'atto pratico: 3 di 5 (“Bello ma non balla”, funziona ma purtroppo manca di carattere)
Retrogusto: 2 di 5 (Gli animali zombie sono una pubblicità ingannevole!)

In questi anni in cui gli Zombie ci hanno invaso su tutti i media, potevamo esimerci dal provare un gioco in cui ci sono teneri animaletti zombificati per l’occasione? Ovviamente no, andiamo quindi a raccontarvi il nostro incontro con Zombeasts!
Ogni carta del gioco presenta un tenero cucciolo zombie che si appoggia a uno spicchio di luna. Gli spicchi sono colorati in maniera diversa. Si inizia il gioco con tre carte, si può scegliere una, e solo una, tra queste due opzioni: iniziare una nuova luna, calando davanti a se la carta, oppure continuare una luna già avviata dello stesso colore. All’interno delle lune c’è un numero, da 0 a 4 che indica quanti punti darà la luna a fine partita. Agli angoli della carta c’è un’altro valore, sempre da 0 a 4, che indica quante carte pescare dopo la giocata. Quando si completa una luna, utilizzando quattro carte dello stesso colore, questa si chiude e viene messa davanti al giocatore. Le lune così completate daranno punti a fine partita, mentre i set incompleti andranno scartati. Di solito le lune che danno parecchi punti fanno pescare poche carte, e viceversa quelle più povere forniscono più carte, per cui bisogna calibrare le due scelte. La pesca presenta un’idea simpatica, infatti è possibile pescare dal mazzo, da un set di tre carte scoperte sempre disponibili, oppure dalla mano degli altri giocatori, massimo una carta per giocatore però!
In tutto questo mi direte, a cosa servono gli animali zombie? Quando su una luna esistente si aggiunge uno spicchio in cui c’è un animale già presente, gli zombie attaccano, e potete quindi giocare un’altra carta… Piuttosto deludente, vero?
Una menzione d’onore meritano i Jolly, ovvero le lune bianche, che valgono pochissimo ma, com’è facile intuire, si possono utilizzare su qualsiasi luna a prescindere dal colore della stessa. Nelle regole avanzate su alcuni animali sono presenti dei simboli, questo vuol dire che se piazzate queste carte su una luna in cui avete già quegli animali, potete decidere se usare l’attacco degli zombie (e piazzare un’altra carta) oppure usare un’abilità speciale specifica. Ci ha colpito particolarmente quella del cane zombie, che permette di giocare un’altra carta… Si, è la stessa cosa dell’attacco zombie. No, non siamo riusciti a capire la differenza.
Il gioco di per se è un simpatico riempitivo, in cui l’ambientazione zombie è stata appiccicata da Tonio di Artattak con abbondante colla vinilica. Personalmente non mi è nemmeno dispiaciuto troppo, ma è talmente distante dal tema che propone da non essere, per i miei gusti, un acquisto papabile. Probabilmente un giocatore che non considera essenziale l’attinenza delle regole con il setting lo apprezzerà maggiormente, e comunque è un giochino da prendere in considerazione quando ci si vuole rilassare.

Deus (editore: Asterion Press)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi

Aspettative iniziali: 3 di 5 (Il genere mi piace, l’editore pure)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (La plancia iniziale è piuttosto scarna, non colpisce molto)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (Due meccaniche due, signori)
All'atto pratico: 3 di 5 (Bello come esecuzione, ma nulla di nuovo sotto al sole)
Retrogusto: 4 di 5 (L’ho preso come regalo per un amico)

In Deus i giocatori sono… civiltà? Tribù? Cavalli con le ali? Non è che sia chiarissimo, comunque ci muoveremo su una mappa conquistando terreni, piazzando edifici e sterminando popolazioni indigene. Tutto questo facendo occasionali offerte agli Dei.
La plancia di gioco è composta da sei sagome di forma vagamente esagonale che si innestano per creare mappe di volta in volta diverse. Ogni sagoma è formata, a sua volta, da sei regioni di diverse tipologie, e un villaggio barbarico. Ogni villaggio vale punti vittoria. Se viene circondato da noi popoli civilizzati viene automaticamente distrutto, e i punti vanno al giocatore con più forze militari attorno al villaggio. I giocatori hanno una plancetta ciascuno, con sopra riportati gli edifici che possono costruire, e una mano di carte. Le carte sono di vari tipi a secondo dell’effetto che producono, e possono essere giocate in due modi: costruire l’edificio rappresentato sulla carta, pagandone il relativo costo in risorse e/o monete, per piazzarlo sulla mappa. Oppure invocare gli Dei, che consente di scartare carte per ottenere effetti vari (la potenza dell’aiuto ricevuto è determinato dal numero di carte giocate). E’ bene sapere che quando si opta per la costruzione di un edificio, si attiva la sua abilità speciale (riportata sulla carta), e tutte quelle degli edifici dello stesso tipo costruiti precedentemente.
La partita termina quando tutti i villaggi sono stati distrutti oppure sono stati costruiti tutti gli edifici di tipo Tempio.
Di fatto il gioco consiste nel creare un efficiente motore di carte che permetta di ottenere le varie risorse del gioco e, soprattutto, punti vittoria, prima che la partita termini, condizione invero abbastanza facile da raggiungere. Le carte sono 96 e offrono diverse opportunità per fare punti (quelle che agevolano la supremazia e il movimento militare piuttosto che quelle che spingono sulla costruzione o il commercio) il che mi lascia immagine che ci siano parecchie strategie perseguibili. Nella nostra partita di prova ho vinto io puntando su un mix di stermini e edifici che davano punti vittoria quando attivati. Nel complesso mi è sembrato un buon titolo nel suo genere, molto ben realizzato e ben pensato, degno dell’autore di Troyes, che però non aggiunge granché alla sua particolare categoria. Rimane comunque molto gradevole, tanto che l’ho preso come regalo per un amico appassionato del genere!

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