venerdì 19 Aprile 2024

Lucca Games 2016: Gioconomicon Talks – Dietro le quinte del boardgame

Quando decidiamo di acquistare un boardgame, spesso ci facciamo convincere dal nome dell’autore o dalla solidità del marchio editoriale, altre volte invece rimaniamo ammaliati dalla grafica girandone la scatola tra le mani. Raramente però ci domandiamo quale percorso produttivo abbia seguito e grazie all’intervento di chi si sia trasformato da semplice idea in quel prodotto editoriale.
Proprio da queste considerazioni è nata l’individuazione del tema portante del primo dei due Gioconomicon Talk tenutisi durante l’edizione appena trascorsa di Lucca Games: quali ruoli operano “dietro le quinte” della produzione di un gioco da tavolo? Quali sono i compiti di queste professionalità, che spesso lavorano all’ombra di altisonanti nomi di autori e illustratori, ma che non sono meno importanti nella riuscita di un buon gioco?
A parlarci di questo, ai microfoni di un’attenta sala Ingellis e moderati dal nostro Riccardo Vadalà, sono intervenuti Thiago De Souza Aranha designer e lead developer in CoolMiniOrNot, Alan D’Amico illustratore, scultore e  art director nello studio di editing Sir Chester Cobblepot, Sergio Roscini senior editor di DVGiochi e Mario Sacchi editor e responsabile di produzione di Post Scriptum.

La produzione di un boardgame, generalmente, si sviluppa secondo un workflow abbastanza consolidato, che parte nel momento in cui l’idea dell’autore viene posta al vaglio di un editor. Sergio Roscini sottolinea come tale rito iniziatico sia tutt’altro che  una semplice formalità, basti pensare come nella sua esperienza di mille titoli vagliati solo dieci passano la prima selezione e tra questi solo uno diventerà un gioco in catalogo!
È fondamentale che siano solo le idee reputate veramente interessanti a iniziare il lungo percorso verso la reale fase produttiva. In questo senso, l’editor, continua Roscini, costituisce la “prima linea di difesa” di una casa editrice, in quanto è suo il compito di rifiutare quei progetti che non funzionano o che, pur presentando buone idee o meccaniche, risultano fuori target o fuori mercato per lo specifico editore.

Non sempre però, rivela Thiago De Sousa Aranha, il punto di innesco del flusso produttivo risiede nell’idea di un autore. In alcuni casi la scintilla nasce da altri contributi, come accaduto per il recente successo The Others: 7 Sins in cui il “la” è stato dato da una collezione di illustrazioni che, mostrata a Eric Lang, lo ha spinto a ideare un regolamento coerente con quanto aveva visto.
A prescindere dalla modalità di ingaggio però, ogni ciclo produttivo è un “unicum” per quanto riguarda aspetti da approfondire e temi da indirizzare. Portando ad esempio i suoi progetti più recenti, Mario Sacchi ci chiarisce che a volte è necessario investire del tempo per la ricerca di artista e immagini adatte a ricreare un certo tipo di atmosfera (come è stato per la copertina di Bigio che fornisce immediatamente l’idea dell’esperienza di gioco offerta dallo scanzonato Ziuq), mentre altre volte si è legati a illustrazioni o grafiche predeterminate (come nel caso delle immagini fornite dall’ESA, l’agenzia spaziale europea, per il gioco S.P.A.C.E.). In alcuni casi è necessario intraprendere un lungo e tortuoso percorso di playtesting (come è stato fatto per Kepler-3042), in altri al contrario diventa fondamentale indulgere sul corpo delle regole (come per Growerz) per renderle il più semplici possibile e in linea con il target individuato.

Insomma, com’era facile aspettarsi, ogni gioco è il risultato di una vera e propria avventura a sé, ma tutte hanno in comune la necessità di un professionista che funga da “raccordo” tra i vari team al lavoro e che operi da leader per tutte le fasi produttive. Generalmente questo compito è ricoperto dal responsabile editoriale, unico tra i vari attori a poter mantenere una vista sufficientemente trasversale e oggettiva indispensabile per gestire (quando non anticipare) i trend e garantire sempre le scelte migliori possibili. Ciò anche quando si devono fronteggiare situazioni un po’ scomode, come quelle mirate a evitare degli “sconfinamenti” di professionalità (come nel caso di quegli autori che tentano di improvvisare scelte da editori).

Questo ovviamente non significa dover necessariamente arrivare al contrasto, rivela Roscini, le scelte che pagano sono generalmente quelle di compromesso; può capitare infatti, aggiunge De Sousa Aranha, che siano proprio gli autori ad avere idee produttive vincenti (come è stato nel caso dell’idea di Lang di usare scatole metalliche nel suo titolo Godfather).
Uno dei team che ha maggiori opportunità di influenzare il successo di un titolo è quello che lavora sulla sua componente artistica , come spiega Alan D’Amico; all’inizio è spesso opportuno fare del brainstorming con la maggior parte delle figure coinvolte, per cercare di costruirsi un’idea il più possibile chiara delle tematiche da includere e delle impressioni da trasmettere.  In alcuni casi però il tema è già scelto e quindi si deve concentrare il pensiero creativo sull’ individuazione dello stile più giusto a rappresentarlo. In questa fase di attività, è possibile si debbano coinvolgere altri illustratori nella squadra: talvolta perché si reputano più adatti a raffigurare stili particolari, in altre circostanze per mere ragioni di scadenze temporali. È ovvio però che tali collaborazioni debbano essere gestite “cum grano salis”, facendo particolare attenzione a mantenere l’organicità del risultato, come è stato nel caso di Kingsport Festival  in cui D’Amico si è fatto affiancare da Maichol Quinto.

 

Per far ulteriormente comprendere l’importanza della giusta accoppiata tema-stile, D’Amico prosegue parlando del nuovo gioco di carte Apocalisse (in uscita per Raven), per il quale lo stile del suddetto Quinto, pur pregevole, fu reputato non adatto perché avrebbe portato a una rappresentazione troppo legata ai canoni del fantasy classico. E poiché questo titolo trae ispirazione dall’Apocalisse di Giovanni, si è infine optato per una scelta illustrativa che traesse ispirazione dalle policrome vetrate delle cattedrali.
Anche per quello che riguarda la produzione del materiale tridimensionale, miniature soprattutto, il discorso risulta molto simile, con l’aggiunta di alcuni aspetti progettuali, tutt’altro che trascurabili, legati all’usabilità di questo genere di componenti  (come ad esempio è stato nella scelta di differenziare la forma delle basette dei personaggi di Whitechapel  in modo da fornire a colpo d’occhio l’informazione sulle rispettive possibilità di movimento).

Perfettamente d’accordo con queste ultime considerazioni sulle miniature, Thiago De Sousa Aranha rincara la dose sottolineando la difficoltà di gestire una produzione che deve operare basandosi sui bozzetti preparatori disegnati,  senza la possibilità di avere a disposizione fin dall’inizio i modelli di prova, soprattutto se si considera che spesso (come avviene in CMoN) un progetto può coinvolgere diversi team di scultori sparsi in tutto il mondo.
Comunque, miniature o no, i risultati delle scelte artistiche possono rivelarsi così dirompenti da spingere l’editore a rivedere alcune scelte produttive e perfino di regolamento. In Dark Tales, racconta infatti Roscini, le illustrazioni mozzafiato di Dany Orizio spinsero DVGiochi a optare per un formato più grande delle carte da gioco; parimenti, aggiunge De Sousa Aranha, per Ethnos, nuovo gioco di Paolo Mori, l’impatto visivo dei pennelli di John Howe ha portato l’editore a scegliere di semplificare il regolamento in modo da poter diminuire il testo sulle carte magistralmente illustrate dal celebre artista.

Purtroppo la fine del tempo a disposizione della tavola rotonda è giunta inesorabile e immaginiamo che molto altro si sarebbe potuto dire sul tema. Da quanto emerso, però, è risultato evidente che l’arrivo di una scatola sullo scaffale di un negozio è il traguardo di un percorso complesso e articolato, durante il quale è fondamentale la ricerca del migliore equilibrio tra tutti gli attori e le componenti progettuali in gioco. Produrre un titolo è un lavoro lungo, di accetta e di cesello, che può riuscire solo con la collaborazione di un team di professionisti di qualità ed esperienza. E abbiamo così scoperto insieme che autore, illustratore ed editore sono solo la proverbiale punta dell’iceberg di un boardgame!

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