martedì 19 Marzo 2024

Lucca Games: Impressioni di gioco – Parte 4

Quest'anno l'offerta ruolistica presentata a Lucca dai vari editori è stata particolarmente ricca, addirittura superiore a quella della scorsa edizione. Eravamo tutti molto ansiosi di provare i nuovi titoli ma nonostante le misure di contenimento della folla si siano rivelate efficaci, la maggiore vivibilità del padiglione Carducci non è bastata a spingere gli editori a prepararsi opportunamente per accogliere le richieste di partecipazione alle partite dimostrative. A causa di assenze, dislocazioni o ritardi è stato molto difficile riuscire a provare i giochi, in alcuni casi addirittura impossibile perchè l'editore non ha proprio previsto di fare demo (neanche per gli operatori del settore). Tuttavia, quando siamo riusciti a sederci davanti a uno schermo, l'impressione complessiva è stata positiva, vediamola nel dettaglio per questi quattro titoli:

–       Darkmoor RPG
–       I Am Zombie
–       La Guardia dei topi
–       MERCs

Darkmoor RPG (editore: Acchiappasogni)
Impressioni di gioco di: Eugenio Lauro

Aspettative iniziali: 3 di 5 (La grafica non alimenta l’immaginario anche se il sistema offriva qualche garanzia)
Magnetismo del tavolo: di 5 (Handout, mappe e carte, strumenti utili che hanno un buon impatto)
Rapidità di comprensione: di 5 (Sistema semplice che diventa profondo quando serve)
All'atto pratico: di 5 (Un gioco dal carattere molto peculiare)
Retrogusto: di 5 (Probabilmente non faccio parte del pubblico a cui è rivolto)

Fresco di una recentissima campagna su Kickstarter (anche in inglese), questo gioco di ruolo realizzato dagli autori di Musha Shugyo (con cui condivide parte delle meccaniche) si presenta a Lucca per la prima uscita ufficiale, in doppia versione, brossurata e cartonata. Il gioco si basa sul videogioco per dispositivi mobile “blackmoor” e ne riprende, espandendoli, i personaggi e l’ambientazione, trasformandolo in un gioco di ruolo dai toni scanzonati, a tratti demenziali ma non completamente surreali. Riprendendo gli stilemi classici dei giochi digitali a scorrimento orizzontale, Darkmoor ci fa vestire i panni di eroi improbabili e molto variegati in un mondo fantastico che ridefinisce il concetto di high-fantasy, portandolo all’eccesso: un tripudio di concetti fantastici mescolati insieme e serviti sulle variopinte schede dei giocatori. Come accennato, il gioco si basa su Musha Shugyo, quindi ha una connotazione fortemente orientata al combattimento “orizzontale” ovvero quello ereditato dai picchiaduro dello schermo, con tanto di mosse speciali, combo e gauge bar, ma sono stati aggiunti anche elementi adatti a portare il gameplay oltre il ring, per un’esperienza più simile al tipico gioco di ruolo. Selezionato il personaggio, ci siamo recati in una città mediorientale per investigare su uno strano fenomeno magico a cui si è sovrapposto un caso di sparizione delle sirene locali, la principale attrazione della città… un tono decisamente umoristico già nelle premesse, aspetto che ci ha accompagnato anche durante la partita grazie anche alle invenzioni del master che ci ha guidato (anche in questo caso la premessa è stata più lunga del previsto). Se fuori dal combattimento le meccaniche sono molto lineari, ricalcando le dinamiche classiche master-giocatore, con esiti determinati dal confronto tra dadi e caratteristiche coinvolte, nel combattimento il sistema mostra il meglio delle sue potenzialità, offrendo ai giocatori un sistema di scelte tattiche di un certo spessore. A prima vista il manuale è sembrato ben strutturato (non abbiamo valutato la forma lessicale), con moltissime opzioni di gioco che potranno soddisfare gli amanti della varietà e della personalizzazione, unitamente ad uno stile di gioco peculiare che ne rende il feeling immediatamente riconoscibile. La linea grafica è forse il punto debole, sebbene sia in linea con lo stile del gioco, non si fa apprezzare per il valore aggiunto che conferisce al prodotto nel complesso. Darkmoor è sembrato un prodotto probabilmente adatto ad un pubblico più giovane, dove le invenzioni creative non abbisognano di coerenza strutturale ma anzi,  alimentano l’aria umoristicamente surreale che permea il gioco.

I Am Zombie  (editore: Make Believe Games)
Impressioni di gioco di: Eugenio Lauro

Aspettative iniziali: di 5 (il ritorno di Mark Rein-Hagen genera hype)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (Ottima qualità dei materiali e direzione artistica)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (le meccaniche sono atipiche ma l’approccio scalare ne aiuta l’apprendimento)
All'atto pratico: 4 di 5 (sistema “visuale” con meccaniche moderne a supportare un setting ispirato anche se molto vicino al WOD)
Retrogusto: 3 di 5 (la separazione tra ambientazione e sistema obbliga ad una spesa quasi proibitiva, nonostante gli handout inclusi nella scatola)

Arriva a Lucca il creatore dello storico gdr Vampiri The Masquerade, nonchè fondatore della White Wolf, difficile rimanere indifferenti. Nonostante il suo gioco non si stato ancora localizzato in italiano (ma circolano voci di una sua possibile traduzione) sono stati molti i giocatori desiderosi di provare questo ritorno sulla scena e io ero tra questi, stimolato soprattutto dal conoscere il nuovo sistema di gioco chiamato “Axiom”, molto distante da quello utilizzato per l’opera più famosa dell’autore americano. Già l’inizio spiazza: nessuna scheda del personaggio, sostituita da carte specifiche che abbozzano i tratti salienti del nostro alter-ego, definendone esteriorità, istinto e natura (o concetti assimilabili). La creatività del giocatore collega i concetti espressi dalle carte per definire il personaggio nell’ambientazione e si è subito pronti a giocare. Sempre sulle carte è definito il sistema, ogni carta a un colore e ogni colore richiama una specifica situazione di gioco, influenzando le probabilità di riuscita sui tiri che vengono effettuati attraverso un pool di dadi a 6 facce comprensivo di un sistema di critici (“cervelli”) e fumble (“ossa”). Interessante l’implementazione del concetto di failing forward nei lanci, che sancisce un legame diretto tra tiro ed eventi di gioco, eliminando di fatto, i tiri ridondanti e assicurando una continua alimentazione della narrazione. Il regolamento prevede l’approccio modulare, con un numero di regole ampio ma applicabile a mano a mano che si gioca in una sorta di “training on the job” che ci guida fino ai concetti più complicati come il livello di tossicità generale, che modifica dinamicamente la difficoltà delle azioni e l’autorità narrativa condivisa, che permette ai giocatori di modificare volontariamente aspetti della sessione generalmente ad appannaggio del Master. Il setting, prevedibilmente, la fa da padrone con nuovo mondo, definito “Xenocosm”, che vede i giocatori vestire i panni di zombie senzienti alle prese con un mondo cospirazionistico che se va bene li ignora, se va male li odia o li teme (e spesso le cose andranno male). Il gioco è distribuito in due prodotti complementari: il libro che descrive l’ambientazione (presentato come fosse lo stesso manuale di sopravvivenza che viene consegnato ai neo-zombie) e la scatola di gioco, che contiene regole, carte, dadi e altri supporti di gioco. Il prezzo è impegnativo (65€ in fiera) ma il gioco è interessante, merita una visione più attenta.

La Guardia dei Topi (editore: Wyrd Edizioni)
Impressioni di gioco di: Eugenio Lauro

Aspettative iniziali: 5 di 5 (seconda edizione di lusso molto attesa dai suoi fan oltreoceano)
Magnetismo del tavolo: di 5 (set ricco, grafica evocativa e materiali di ottima qualità)
Rapidità di comprensione: di 5 (le regole richiedono una comprensione approfondita per essere sfruttate a pieno)
All'atto pratico: di 5 (Sessione divertente, sono emerse le grandi potenzialità)
Retrogusto: di 5 (Gioco che può rappresentare una vera novità nel panorama ludico)

Luke Crane, il game designer conosciuto per il sistema di Burning Wheel (già utilizzato anche per Torchbearer) si unisce all’artista David Petersen per dare vita ludica ai personaggi della “Guardia dei Topi”, la graphic novel edita in Italia da Panini. Mi siedo al tavolo con grandi aspettative, conosco il gioco dalla sua prima edizione, acquistata nel 2009, e questa seconda, arricchita e rivista in una versione boxed di lusso (anche nel prezzo), generava grandi aspettative. Un master particolarmente ispirato ci ha fatto vivere una breve avventura che ha affrontato gli elementi principali del gioco, che potrebbero essere riassunti con l’affermazione “piccoli eroi contro grandi avversità”.  Vestiamo i panni dei “Topi della Guardia”, un elitè nel mondo fantastico di Petersen che ha la missione di difendere i propri territori dalla “grande” minaccia che la natura può rappresentare, siano predatori o condizioni atmosferiche avverse. A cavallo dei fedeli corvi abbiamo seguito le tracce di un traditore che poteva mettere in pericolo la pace scatenando le odiate donnole. Nelle due ore di gioco abbiamo apprezzato il sistema, diviso in fasi distinte, una più libera a scopo propedeutico e una guidata, dove le scelte fatte dai giocatori si tramutano in elementi tattici che possono portare alla risoluzione o meno del conflitto di turno. Nonostante un lunga (forse troppo) fase interlocutoria, tutta la sessione appare ben focalizzata sullo scopo dichiarato, e non si ha quasi mai la sensazione di essere fuori strada, le regole sono a prima vista semplici (numero di successi su pool di dadi) ma nascondono molti elementi descrittivi  che influenzano la partita e che sono determinanti per l’emersione del feeling tipico del sistema di gioco (pensato per creare storie di piccolo-grande eroismo). Non possiamo non menzionare la particolarità dello scontro fisico, che viene gestito in modo aggregato attraverso la scelta della tattica da adottare (si usano carte specifiche) di volta in volta e che crea una vera forma di azione drammatica condivisa, nonostante non siano presenti meccaniche di dettaglio fisico. Il gioco, nel sua espressione tangibile, ci ha sinceramente impressionato: materiale di ottima fattura, linea grafica di qualità, abbondanza di elementi di supporto. Non abbiamo verificato la traduzione ma la scelta della terminologia, specie nei neologismi, ci è sembrata azzeccata. Un gioco che rappresenta un grossa novità sul panorama nazionale, da tenere sicuramente sotto attenta osservazione.

MERCs (editore: GGStudio)
Impressioni di gioco di: Eugenio Lauro

Aspettative iniziali: 4 di 5 (Visto al Play, si prospettava interessante)
Magnetismo del tavolo: di 5 (Molto spartana e un po’ precaria la preparazione)
Rapidità di comprensione: di 5 (Il sistema alternativo non richiede apprendimento da parte dei giocatori)
All'atto pratico: di 5 (Frenetico e cinematografico, per i patiti dell’azione militaresca)
Retrogusto: di 5 (Divertimento allo stato solido, da approfondire)

Intravisto a Modena Play 2015, questo nuovo manuale dell’affollata scuderia GG Studio promette, sin dalla linea grafica, azione frenetica e scontri senza esclusioni di colpi in un futuro caratterizzato da una situazione geopolitica traballante (come sappiamo, difficilmente il futuro ludico promette pace e prosperità). Ci sediamo al tavolo sapendo che dovremo menare le mani e darci da fare per portare la pelle a casa e possibilmente anche la paga. A prima vista il manuale risalta per il pregio della direzione artistica, curata dallo stesso autore e per il taglio decisamente adatto alle meccaniche “pulp” di Savage Worlds, non farei fatica ad inserire MERCs tra i volumi esteticamente meglio riusciti dell’editore piemontese. Seduti al tavolo, dopo aver delineato sommariamente i nostri mercenari, iniziamo direttamente “in media res”, una cosa che ho molto apprezzato perchè ha tagliato via i tempi morti e ha potuto far subito apprezzare le caratteristiche salienti dell’ambientazione e del regolamento. Abbiamo giocato un classico del genere western, rivisto in salsa sci-fi con grandi dosi di post-olocausto alla “Mad Max”: un folle assalto al treno con generoso scambio di piombo bollente. Alla fine delle due ore abbondanti di gioco avevamo eliminato il problema, lasciando sul campo (anzi, sulle rotaie) un nostro commilitone e una manciata di png ma il carico era salvo e la missione compiuta. Per risolvere le dinamiche di gioco non abbiamo utilizzato le meccaniche, già collaudatissime, di Savage Worlds ma quelle inedite inserite nel manuale e definite “Sistema di Tiri Veloci”, un regolamento alternativo breve (circa nove pagine), umoristicamente definito “Steve” (molto apprezzata la forma lessicale) che rende ancora più veloce la risoluzioni delle situazioni rispetto al più completo Savage Worlds. La sessione è stata apprezzabile, ci ha permesso di confermare quanto il setting ben si sposi con la filosofia “fast furious & fun” del sistema della Pinancle, mentre le regole veloci hanno permesso di concentrare gli eventi in un tempo limitato. Ma proprio queste regole, in effetti, hanno privato la partita degli elementi di Savage Worlds che ne hanno decretato il successo, riducendolo a un veloce task resolution che non faceva apprezzare le scelte tattiche del giocatore lasciando tutto in mano alla valutazione estemporanea del master, con il risultato di appiattire la profondità del game design e soprattutto la sua focalizzazione su un tema specifico. Ci rimane l’idea di un buon prodotto italiano (italianissimo) che ben riproduce le fonti da cui trae ispirazione (da Expendables a Starship Trooper) e che va ad arricchire l’offerta di Savage World nel nostro paese, con ottima esportabilità all’estero.

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