venerdì 19 Aprile 2024

Dungeon World: il fantasy powered by apocalypse parla italiano

Se c’è un gioco di ruolo che sta calamitando l’attenzione della platea internazionale in questo periodo è Dungeon World. Nato dalla mente di Sage LaTorra and Adam Koebel, Dungeon World è rapidamente salito alla ribalta sospinto dai numerosi richiami, a cominciare dal titolo, a Dungeons & Dragons, il celebre capostipite dei giochi di ruolo, e dall’approccio innovativo del regolamento, orientato alla narrazione secondo gli stilemi dell’epica fantasy più classica. Come abbiamo già annunciato, in questi giorni l’etichetta editoriale Narrattiva ha lanciato una campagna su Ulule per finanziare la localizzazione completa del gioco in Italiano. Un evento, primo nel suo genere, che metterà alla prova il settore ruolistico nel nostro paese dimostrando quanto sia maturo il mercato nostrano e quanto sia possibile supportare il gioco di ruolo attraverso canali alternativi come il crowdfounding. In Italia Dungeon World porta innovazione anche fuori dal manuale. Ne parliamo direttamente con Michele Gelli, patron di Narrattiva, in una mini-intervista alla fine di questo articolo.

Sebbene DW nasca editorialmente su Kickstarter a metà del 2012, finanziato da una campagna molto efficace che ha portato l’iniziativa a concludersi con un bilancio superiore del 2072% rispetto all’obiettivo iniziale, il gioco era già disponibile gratuitamente su licenza Creative Commons dall’anno precedente. Curiosamente, la versione da cui gli autori hanno derivato quella di Kickstarter, distribuita al GenCon e al PAX Prime nel 2011, era chiamata il “libro rosso”, un chiaro riferimento alla “scatola rossa” della più famosa edizione di D&D, risalente al 1983 e rimasta nel cuore di molti appassionati.

L’idea alla base del gioco è quella di ricreare lo spirito e il feeling dei giochi di ruolo old school attraverso tecniche di design diverse, orientate alla fluidità della narrazione, spogliando le sessioni di tutto ciò che risultava accessorio o arrugginito, senza tuttavia privare il gioco di quella sensazione di genuina e a tratti ingenua scoperta che caratterizzava i GDR nei primi anni della loro diffusione. Per raggiungere l’obiettivo, gli autori hanno fatto riferimento al sistema di Apocalypse World, creato poco tempo prima da Vincent Baker, già autore di giochi di ruolo indie dalle meccaniche non tradizionali, come “Cani nella Vigna”, che hanno animato discussioni accademiche tra game designer e addetti ai lavori.
Dungeon World dunque, si potrebbe definire un gioco di ruolo “powered by Apocalypse” (attributo condiviso con altri titoli) poiché è stato progettato come “hack" (termine con cui sono identificati diversi adattamenti al regolamento) del prodotto di Baker ma dalla stesura iniziale il gioco è cambiato in modo così sensibile che sono sempre meno le persone che riconoscono DW come un semplice spin-off di Apocalypse World. Oggi non sarebbe sbagliato mantenere i due giochi totalmente separati, pur mantenendo una radice comune.

Nei mesi successivi alla pubblicazione, grazie all’impegno dei fan, alla licenza Creative Commons che aveva contribuito alla diffusione del regolamento e al richiamo del genere classico, proprio nel periodo di massima popolarità della old school renaissance, il gioco è entrato in una spirale di segnalazioni, recensioni e animate discussioni che hanno fatto divulgare la conoscenza e accendere gli animi di molti giocatori che hanno ripreso a percorrere sotterranei immaginari, abbandonati anni prima. La popolarità del gioco, per quanto circoscritta a un pubblico incline allo stile narrativo, ha presto valicato i confini Statunitensi dilagando sulla scena internazionale e originando una nutrita serie di traduzioni amatoriali, variazioni sul tema, adattamenti e guide introduttive che hanno convinto gli editori stranieri a investire sulla localizzazione del manuale nella lingua del loro paese.

Dungeon World si prepara adesso a sbarcare nel nostro paese e sul suo passaporto il gioco porta una serie significativa di riconoscimenti illustri ed endorsement di personaggi in vista del settore che vanno da Monte Cook (co-autore della terza edizione di D&D) che descrive il gioco come “divertente e innovativo” a Will Wheaton, noto conduttore della videorubrica specializzata “Tabletop” che in una sua trasmissione definisce DW “una grande alternativa al fantasy classico”.

A riprova di queste dichiarazioni, Dungeon World ha fatto incetta di premi: ha vinto il “Golden Geek RPG of the Year” nel 2012, lo “Indie RPG Award – Game of the Year” nello stesso anno e recentemente il prestigioso “ENnie 2013” per il regolamento migliore, un riconoscimento che travalica i confini dell’approccio indie del gioco. Non è poco.

Il sistema
Come molti giochi improntati allo stile narrativo, Dungeon World si basa su meccaniche molto semplici dal punto di vista tecnico, ma assolutamente focalizzate e complete da quello funzionale. L’ottica con cui sono state ideate accoglie il principio dell’aderenza fedele al regolamento (rules-as-written o RAW), ovvero punta a fare in modo che in gioco non sia mai necessario modificare, integrare o ignorare parti del regolamento per risolvere situazioni dubbie o agevolare lo scorrere della partita. Questo approccio, apparentemente asciutto, centra anche l’obiettivo di rendere il corpo di regole, per quanto semplici, effettivamente utilizzate nella loro totalità durante le sessioni di gioco, limitando di molto i casi in cui un principio debba essere imparato a livello teorico senza che questo venga applicato successivamente nella pratica.  Questa impostazione garantisce una curva di apprendimento piuttosto bassa, tanto bassa che la scheda del personaggio stessa raccoglie la maggior parte delle informazioni necessarie al giocatore, lasciando al solo Master il compito di approfondire alcuni aspetti gestionali.

Il principio di base è semplice: si lanciano due dadi a sei facce (2d6), si applicano i modificatori del caso (facilmente calcolabili) e si determina, in base al risultato, non soltanto il successo o il fallimento dell’azione ma anche le conseguenze che questa può causare. Questa meccanica slega, di fatto, il tiro del dado dal solo ruolo deterministico, collegandolo invece a quello narrativo, secondo un’alternanza concatenata di cause ed effetti che dona alle sessioni un ritmo molto dinamico, cinematografico si potrebbe dire, che riduce al minimo i tempi morti.
Le meccaniche dunque, risolvono le azioni con una bassa varianza statistica, ma la cosa non influisce sullo scopo del gioco. Di fatto, i tiri di dado servono a determinare COSA succede in un evento e non solamente SE l’evento succede, come accade nei giochi di ruolo orientati alla riproduzione della fisica (il che spiega anche il motivo dell’assenza di una divisione temporale delle azioni). Una determinata azione, dunque, può avere successo anche in caso di tiro non ottimale ma in questo caso ci saranno conseguenze tanto più negative quanto peggiore è stato il tiro, secondo la tecnica comunemente chiamata fail forward.

L’obiettivo di perseguire lo scopo narrativo si vede anche in altri due concetti peculiari del gioco, quello delle “mosse” e quello dei “tag”.
Le mosse sono una serie di azioni codificate secondo l’obiettivo che si prefiggono.  Ci sono delle mosse generiche e delle mosse riservate a specifiche classi, ma il principio generale è lo stesso: quando un giocatore vuole compiere un’azione, di qualunque tipo, che incide nella storia, si vede quale “mossa” sia la più appropriata a determinarne le conseguenze e si applicano gli effetti descritti a seguito del tiro del dado. La segmentazione degli eventi in un numero finito di mosse rende attuabile l’obiettivo di realizzare un regolamento semplice ma dalla copertura completa, non ci sono situazioni che rimangono scoperte, tecnicamente parlando, e ogni tiro del dato è effettivamente legato al verificarsi di qualcosa di concreto in termini di gioco.
I tag invece, sono attributi associabili a elementi in gioco (equipaggiamento, PNG, mostri, ecc…) che definiscono gli effetti che questo produce quando viene utilizzato. Abbiamo così, ad esempio, che l’efficacia di un’arma non è definita dal danno che procura (dato oggettivo rispetto agli eventi), ma dal contributo che produce in combattimento, come stordire, sbilanciare, squarciare e così via; un fioretto avrà il tag “preciso” (precise) mentre un’ascia da guerra potrà avere quello “impetuoso” (forceful).

Gli eroi
La creazione del personaggio segue la procedura tipica di molti GDR fantasy: parte dalla selezione della razza, l’allineamento, i valori delle caratteristiche, la classe e l’equipaggiamento, cui si aggiungono nuovi concetti come la scelta dei dettagli sulle “mosse” a disposizione e la determinazione dei bonds (legami) con gli altri personaggi. Quest’ultimo aspetto è particolarmente interessante perché, di fatto, definisce il gruppo di gioco attraverso una serie di compromissioni tra i membri, intessendo una ragnatela di relazioni che rende non solo il gruppo coeso, ma anche prono a evoluzioni nei rapporti come risultato del gioco.
Nel complesso, la creazione del personaggio avviene attraverso una serie di scelte successive all’interno di un set limitato ma flessibile, di possibilità, rendendo il processo meccanico molto veloce di modo che il giocatore possa dedicare più tempo a esercitare la creatività sul background dell’alter-ego e sulle motivazioni che hanno portato alle scelte fatte in fase di creazione.
Da notare come i personaggi sono da considerarsi archetipi ed espressione ideale della classe che rappresentano, essendo, di fatto, gli eroi della situazione in forma esclusiva (non è possibile avere due PG della stessa classe uguali). Questo fatto è dimostrato anche dall’evoluzione del PG, basato in massima parte da un miglioramento dell’efficacia delle mosse già a disposizione nella successione dei livelli (ce ne sono dieci e la progressione è abbastanza veloce) più che attraverso un processo di emancipazione e potenziamento caratteristico di altri GDR. I personaggi si configurano subito come gli eroi del mondo in cui vivono e rimangono sempre al centro della scena.

Dietro lo schermo
Nel manuale, grande spazio è riservato alla descrizione dei compiti del Master. Viene approfondito l’approccio che questi deve tenere nei confronti dei giocatori e delle sessioni. Le indicazioni riportate descrivono, oltre alla modalità con cui vanno applicate le regole, le corrette procedure di gestione dei partecipanti, specificando che il master deve essere un fan del gruppo e non un avversario.
Al Master è lasciato il compito di rappresentare il “resto del mondo” come avviene per molti altri GDR, ma la sua discrezionalità nell’applicazione delle regole è limitata al minimo, in modo che questi si trovi alleggerito dal peso di valutazioni soggettive sul comportamento dei giocatori (ad esempio, l’attribuzione degli XP prescinde dal suo giudizio) o dall’applicazione di regolamenti complessi e possa concentrare i suoi sforzi sul coinvolgimento dei giocatori e sulla narrazione creativa.
DW, infatti, non presenta un’ambientazione predefinita ma lascia al gruppo la possibilità di crearla nel momento stesso in cui si gioca, attraverso un processo di worldbuilding condiviso che rinsalda lo sforzo d’immaginazione dei partecipanti, rendendoli elementi attivi nella definizione dello scenario.
Il manuale si prodiga in suggerimenti utili al Master per raggiungere quest’obiettivo, che all’inizio può sembrare complesso, come l’utilizzo di frequenti domande, una partenza “in media res”, l’abitudine di progettare dungeon o mappe molto flessibili (secondo il concetto “draw maps, leave blanks“) e altri principi che hanno lo scopo di lasciare la massima libertà creativa ai giocatori.
Al Master è illustrato come questi non debba in nessun modo definire preventivamente l’esito delle scene, lasciando la scoperta e lo svilupparsi della storia, totalmente in mano ai partecipanti (lui compreso ovviamente) e quello che i loro personaggi compiono in gioco.
Per ampliare il respiro delle sessioni ed estendere le partite nel tempo a livello di campagna, al Master sono fornite indicazioni su come gestire i “fronti”. I Fronti si creano dopo la prima sessione e costituiscono un semplice sistema per pianificare una campagna in maniera estremamente flessibile senza definire preventivamente un calendario di eventi che prescindano dai personaggi. I Fronti definiscono più che altro una serie possibilità che i giocatori possono influenzare per far virare la storia e gli eventi secondo direzioni imprevedibili. Il manuale si chiude poi un nutrito bestiario di creature divise per ambientazione tipica.

La versione italiana
La campagna italiana lanciata su Ulule è strutturata in modo molto simile a quella lanciata su Kickstarter per l’edizione in inglese (t-shirt compresa) ma comprende degli aspetti peculiari che la rendono per certi versi anche più interessante. L’obiettivo da finanziare era piuttosto basso ed è stato raggiunto in appena 24 ore ma guardando gli stretch goal, si capisce come il piano di finanziamento sia stato ripartito in più fasi e faccia affidamento più sugli obiettivi successivi che sul primo proposto. Inusuale ma comprensibile per il mercato nostrano, l’assenza di una versione digitale del manuale tra quelle sottoscrivibili in prima battuta mentre è encomiabile il fatto che, senza costi aggiuntivi, l’edizione cartonata sostituisce quella con soft cover con il raggiungimento (peraltro già ottenuto) dello stretch goal apposito (passando anche al formato A4).


Tutta l’operazione è stata pianificata secondo una modalità molto ambiziosa e sfidante che prevede la chiusura dell’edizione finale del gioco entro due mesi dalla chiusura della campagna, un tempo molto ristretto per gli standard del crowdfunding, anche considerando che la struttura definitiva del manuale dipenderà dall’esito della campagna stessa.

Per spiegarci meglio il progetto di localizzazione, Michele Gelli, CEO dell’etichetta editoriale Narrattiva, si è gentilmente prestato a rispondere ad alcune nostre domande.

Gioconomicon: In cosa si differenzia l’edizione italiana di Dungeon World rispetto a quella originale inglese? Per la vostra edizione vi siete ispirati a qualche altra versione internazionale?

Michele Gelli: L’edizione di DW è stata oggetto di una lunga riflessione qui a Narrattiva. Credo che abbiamo ragionato di più solo su quella di Montsegur 1244.
La prima cosa che abbiamo notato è che l’edizione americana aveva una grafica estremamente spartana. Troppo spartana per il nostro pubblico, per cui la prima decisione che è stata presa ha riguardato il fare un manuale anche graficamente con un aspetto più “classico”.
Avevamo sott’occhio – per esempio – la bella edizione francese, e la prima cosa che ci siamo detti è “adesso la guardiamo e la facciamo meglio”. Quando però l’abbiamo avuta in mano ci siamo accorti che i francesi avevano fatto una serie di scelte che tutto sommato non condividevamo. Sicuramente si tratta di decisioni che sul loro territorio e nella loro realtà hanno un senso, ma qui in Italia hanno acceso più di un campanello di allarme.
Un esempio di scelta dei “colleghi” d’oltralpe che non abbiamo condiviso è stata trasformare il gioco in una specie di super-mega-ultra-beginner-box, che peraltro non conteneva tutte le regole del gioco.
Il nostro ragionamento invece è stato: chi comprerà DW (oltre al pubblico abituale degli “indie”, ovviamente)?
Secondo me è per la maggior parte gente che ha dei “conti in sospeso” con D&D (o altro classico a caso). Cioè gente che voleva fare questo o quello con D&D ma D&D non era il gioco giusto per farlo. Oppure gente che ha sentito nominare questi giochi “strani” e sarà tentata di fare una prova a partire da un gioco che sente abbastanza affine a quelli che conosce, se non altro per “tradizione”. La valutazione che abbiamo fatto è che per una schiacciante maggioranza non saranno neofiti alla prima esperienza: il beginner box, in Italia, non ha senso come concetto.
Però ci era piaciuta molto l’idea della scatola. Abbiamo provato anche noi a separare i pezzi per fare una scatola. Mi sarebbe piaciuto da matti organizzare bene il materiale e dire “guarda, 5 pagine di regole”, poi carte, counter, segnalini & ammennicoli assortiti. Ma non ha funzionato. Abbiamo provato le carte, le pedine, i libretti in N combinazioni, le plance, i counter, i segnalini, e non immaginate neppure quante altre soluzioni, anche più “ardite”. Il risultato, però, non è cambiato: il gioco funzionalmente è un libro e urlava di essere pubblicato come un libro. Tutto quello che abbiamo provato lo rendeva forse più bello da vedere, ma spesso più laborioso da usare. Le carte, per dire, sembravano una grande idea ma alla prova pratica si sono rivelate scomode da usare. Quando un gioco ha le idee tanto chiare su come vuole essere pubblicato, spesso è meglio ascoltarlo. Per cui si è deciso per il libro.

GN: Narrattiva è molto attiva nel diffondere la conoscenza dei titoli che edita, incentivando la pratica del gioco effettivo. Quanto delle esperienze che avete maturato intorno al tavolo da gioco sono state inserite nell’edizione italiana?

MG: Credo che in tutte le nostre creazioni mettiamo non solo l’esperienza che abbiamo come Narrattiva, ma anche quella che abbiamo come Studioshadow dove ci occupiamo, fra le altre cose, di book engineering, grafica, usabilità e comunicazione, e quando i giochi ce lo permettono (per come sono stati creati) riusciamo a dare ai nostri progetti una marcia in più. Basti pensare per esempio a Montsegur 1244 o a PSI*RUN, secondo titolo in uscita a Lucca Comics & Games che grazie alla fiducia concessaci da Meguey Baker avrà un’edizione di cui si parlerà parecchio. Anche qui tenteremo di fare un lavoro ai nostri abituali standard, anche se probabilmente , visto che l’edizione in se è molto tradizionale, si vedrà molto più nei dettagli che in “feature” eclatanti.

GN: In passato avete già pubblicato opere “powered by Apocalypse”, anche meno riconosciute di Dungeon World, senza ricorrere al crowdfunding. Quali sono le motivazioni che vi hanno fatto optare per questa forma di finanziamento nel caso di Dungeon World? Forse, visto che l’obiettivo si è rivelato piuttosto accessibile (è stato finanziato in sole 24 ore), la scelta è stata presa anche con altre finalità di marketing?

MG: La prima motivazione, di sicuro, riguarda la “ponderosità” dell’opera. Il testo è davvero tanto da tradurre, adattare, lavorare, illustrare, impaginare. Posso dire che è, a livello di sforzo produttivo, il progetto più ambizioso messo in pista da Narrattiva dopo Bacchanalia.
Su questo si è innestato il “problema” che il formato naturale di questo gioco, che tanto strizza l’occhio a D&D e Pathfinder, è il cartonato A4 (per meglio dire, era la scatola automontante dell’edizione MB di D&D – la celeberrima “scatola rossa” – ma qui parliamo di costi proibitivi). Si sarebbe trattato di un salto nel buio troppo grande per Narrattiva. Da cui la scelta di Ululé, che ci ha permesso di verificare l’esistenza di un numero più che sufficiente di appassionati per sostenere questa operazione, visto che anche questo risultato è stato raggiunto e stiamo avanzando verso i successivi.
L’obiettivo base effettivamente si è rivelato piuttosto accessibile, ma questo col senno di poi. Come spesso accade a noi di Narrattiva, siamo i primi (o fra i primi) a tentare nuove strade e operazioni. Non è che quando abbiamo lanciato la raccolta ci fosse una letteratura consolidata sul successo che può avere una campagna di GdR in Italia. E il fatto che con una edizione “spettacolare” in Francia, che ha un mercato svariate volte più grande del nostro, non si fosse riusciti a raccogliere 10.000 euro, non era inizialmente così incoraggiante.
Sembra proprio che abbiamo organizzato una buona campagna e che le ricompense che abbiamo studiato stiano piacendo. Teniamo davvero le dita incrociate, e speriamo di riuscire a sbloccare anche la ricompensa “misteriosa” legata al raggiungimento dei 10.000 euro…

GN: Dungeon World è gioco completo che non necessita di supplementi e compendi per poter essere goduto appieno. Pensate comunque di supportare il gioco in futuro? Avete pianificato rilasci di nuovo materiale nei prossimi mesi?

MG: DW è un gioco perfettamente giocabile “as is”. Già il crowdfunding comprende alcuni materiali aggiuntivi, come il Manuale del Pianocrate (Planar Codex) e la Mappa di Dite. Poi ci sono Progetti per materiali aggiuntivi e operazioni di supporto sicuramente ne abbiamo, ma dipendono dal successo della campagna. Al momento preferisco trincerarmi dietro uno scaramantico no comment.

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