giovedì 28 Marzo 2024

Kickstarter: quando il calcio di inizio diventa l’intera partita

E' un fatto oramai assodato che l'avvento del fenomeno kickstarter nel mercato del tabletop gaming stia cambiando, in un modo o nell'altro, gli equilibri di settore inserendosi in maniera sempre più decisiva nel rapporto con gli acquirenti, ma anche in quello che sussiste tra i player della catena produttiva e distributiva.
L'arcinota piattaforma di crowdfunding, nata nel 2009 con l'intento di dare il "calcio d'inizio" a progetti creativi tramite il finanziamento dal basso, si è guadagnata negli anni una sempre crescente fama e visibilità, tanto da divenire a oggi un vero e proprio fenomeno di costume nella promozione e commercializzazione di iniziative e prodotti di ogni genere.
In particolare, il settore ludico "da tavolo" è riuscito a superare (dati 2016 n.d.r.) i 580 milioni di dollari di pledge registrati (sei volte tanto l'ammontare accumulato per i "cugini" videogames) per le oltre 20mila campagne arrivate al successo: praticamente il 20% del denaro totale raccolto dalla piattaforma.
 

Un boom questo, probabilmente nato dal fascino intrinseco – e un po' romantico – del sentirsi demiurghi di progetti senza compromessi di sorta, ma in effetti trainato da un importante sequela di success story oltre che dall'esperienza di alcune personalità che hanno fatto, del rapporto tra boardgame e crowdfunding, il loro mestiere. Luke Crane è uno di questi: famoso per essere la firma dei gdr Burning Wheel e Mouseguard, il game designer è dal 2012 "dietro le quinte" di Kickstarter come direttore del ramo "games"; tuttavia anche tra gli habitué della piattaforma, è raro non aver mai sentito parlare dell'accoppiata David Preti – Cool Mini or Not, oppure di Jamey Stegmaier e della sua Stonemaier Games, oppure ancora di Monte Cook; nomi questi che negli ultimi tempi sono stati indissolubilmente legati a campagne di finanziamento online e che hanno partorito "pietre miliari" del genere come ad esempio il franchise milionario di Zombicide, oppure l'ottimo Scythe, o anche gli rpg Numenera e The Strange.

E' dunque questa unica commistione tra visione ed esperienza che ha permesso al sito della kappa verde di ospitare dei veri e propri casi mediatici, come ad esempio quello di Kingdom Death: Monsters 1.5, che con i suoi oltre 12 milioni di dollari è il quarto progetto in assoluto per denaro raccolto, oppure Exploding Kittens che, sulla scia della notorietà degli illustratori di The Oatmeal, con quasi 220mila finanziatori è a oggi il progetto più supportato di sempre.
Ma al di là delle cifre, che pure danno idea – e non poco – di quella che è la dimensione del successo del crowdfunding nel mondo del gioco tabletop, ci sono altri aspetti, più sottili, che permettono di misurarne l'impatto su un settore che al momento sta vivendo la sua età dell'oro. Il primo è il lampante aumento di notorietà di cui i titoli giovano quando passano per le iniziative di finanziamento: grazie anche alla pervasività del medium, l'intensità dell'hype registrata durante una raccolta fondi ben organizzata, spesso è di gran lunga superiore al "tam tam" mediatico generato nel momento in cui l'opera giunge tra le mani dei backer. E' chiaro che questo non sia un fenomeno inaspettato e che invece sia un parametro attentamente messo in conto durante la progettazione delle campagne di successo, tuttavia è nondimeno interessante notare che si sta sempre di più avendo di fronte un efficacissimo strumento di marketing e di generazione della domanda, capace anche di resistere al danno d'immagine portato dalle endemiche problematiche – i ritardi in primis – cui incappano moltissimi progetti giunti alle fasi di produzione e consegna.

Il secondo aspetto su cui riflettere è il progressivo cambio di paradigma a cui si sta assistendo negli ultimi tempi riguardo l'utilizzo della piattaforma. E' palese come infatti alcuni imprenditori, senza contravvenire formalmente alle regole dettate da kickstarter, abbiano iniziato a sfruttare le campagne di crowdfunding come veri e propri sistemi di vendita. Esemplare, in questo senso, è il caso della Monolith, l'editore francese di Conan, che dopo la "burrascosa" esperienza fatta con il suddetto titolo, ha deciso che la sua prossima creatura – stiamo parlando di Batman: the Boardgame – verrà distribuita soltanto tramite la campagna di crowdfunding per abbattere – a detta loro – i costi di distribuzione e mantenere così un prezzo sostenibile e margini di guadagno accettabili. Simile per certi versi è l'approccio scelto da Isaac Childres con la sua Cephalofair Games che, nonostante il gran successo della prima release del suo Gloomhaven, ha continuato a limitarsi a kickstarter per proporre la seconda edizione riveduta e corretta. Anche i francesi di Serious Poulp, "padri" di 7th Continent, hanno appena concluso la loro proposta in crowdfunding per un'espansione del loro corposissimo titolo di esplorazione, non mancando di offrire anche il gioco base a coloro non lo posseggano ancora e raggiungendo il terzo posto nella classifica dei progetti ludici più ricchi della piattaforma.

E' indubbio che tutto ciò possa portare vantaggi: un imprenditore è in grado di aumentare la propria competitività sul mercato accorciando la filiera tra produttore e cliente; un designer più naif può permettersi di dar vita a insoliti "esercizi di stile" senza sentirsi obbligato a dover generare una produzione di massa. Tuttavia vanno altresì evidenziati i potenziali rischi sottesi dall'abuso di queste pratiche. Innanzitutto – e le polemiche suscitate dal "caso Monolith" ne sono la riprova – si rischia un effetto boomerang in termini di gradimento del pubblico: molti appassionati diffidano infatti dal comprare titoli senza poterli provare o senza avere certezze che saranno supportati anche dopo il rilascio; secondo poi – oggigiorno sembra quasi pleonastico continuare a ricordarlo – per quanto affidabile possa essere un produttore, nulla mette totalmente al riparo i backer da eventuali criticità che – si badi bene – possono verificarsi anche ben dopo il buon esito della campagna e possono mettere a serio repentaglio la consegna dei reward. Per citare alcuni casi lampanti possiamo menzionare The Doom That Came to Atlantic City, progetto creato nel 2012 dalla Forking Path e arrivato a casa dei sostenitori soltanto dopo un tortuoso iter legale e la rilevazione del marchio da parte della Cyptozoic; oppure il caso Coolest Cooler che non è un gioco, ma è il progetto più finanziato della storia di kickstarter e, nonostante questo, ha dovuto attraversare numerosi problemi per soddisfare la domanda…e ancora non ci è riuscito completamente.


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Dunque è veramente kickstarter l'unico posto che possa ospitare vantaggiosamente certi tipi di iniziative ludiche? Difficile dare una risposta in senso assoluto: è ovvio che decisioni come quelle di Monolith siano state prese con cognizione di causa tuttavia, proprio tra i casi che hanno contribuito al successo della piattaforma – si prenda ad esempio Zombicide – non mancano esempi di best seller anche e soprattutto nel giro dei normali negozi (fisici o virtuali che siano). Inoltre, esistono anche situazioni che coniugano questo mondo con quello della distribuzione normale. Molte iniziative di successo infatti scelgono l'utilizzo dei retail pledge per garantire anche ai rivenditori di poter compartecipare ai progetti e a farli giungere ai normali canali di vendita, ottimizzando talvolta anche i costi relativi alla logistica. Un approccio più estremo è invece stato adottato dalla Stonemaier Games che, nonostante i successi ottenuti nelle sue produzioni, ha scelto addirittura di abbandonare totalmente la strada del crowdfunding per vari motivi, tra i quali la volontà di mantenere il corretto rapporto con altri player di mercato. Peculiare, in questo ambito, è la strada imboccata dalla nostrana Red Glove con l'inaugurazione del suo Game Booster, l'iniziativa nata con il lancio di Warstones e che ha "innestato" i concetti e le metodologie del crowdfunding dentro le normali maglie del nostro mercato, mantenendo il pieno coinvolgimento di distributori e rivenditori.

Per concludere, in un settore estremamente variegato qual è quello del tabletop gaming, sicuramente il boom del crowdfunding risulta essere un importante fattore di stravolgimento del le sue dinamiche. Della sorprendente inventiva nell'imprenditoria ludica potremmo star ore a parlare (da case che si giocano il tutto per tutto una volta l'anno a Essen, ad altre che si sono ritagliate spazi ultra-specifici all'interno della catena produttiva o di pura consulenza) e Kickstarter è ormai a tutti gli effetti un ulteriore fenomeno che aggiunge variabilità alle strategie aziendali, ma soprattutto influisce in maniera importante sulla quantità e varietà di uscite annuali, offrendo numerosi vantaggi a chi sceglie questa strada per "dare alla luce" le proprie creature d'intrattenimento. Per contro, esistono tantissime criticità difficilmente superabili allorché si abusi delle potenzialità di detta piattaforma e che stanno portando alcuni importanti attori ad allontanarsene o a trovare vie di compromesso con la normale filiera di mercato Dunque, alla luce di ciò e nell'ipotesi di una crescente consapevolezza degli appassionati sui rischi connessi all'uso del crowdfunding, c'è sicuramente spazio per supporre l'esistenza di strategie "win-win" che riescano a coniugare i vantaggi di kickstarter con quelli delle normali relazioni di settore; senza un business plan di ampio respiro, allo stato attuale delle cose, è estremamente difficile infatti costruire un qualcosa di duraturo e la scelta di basarsi esclusivamente sul finanziamento "dal basso", rischia di lasciare alla memoria soltanto un'innumerevole serie di "meteore". Come è chiaro dai comportamenti che stanno attualmente assumendo i colossi del settore – anche quelli esplosi grazie alla "scintilla" del crowdfunding – il supporto alla filiera tradizionale e la cura delle relazioni verso tutti i suoi attori, appare una condizione imprescindibile per la salute dei loro brand e, di riflesso, per quella di tutto il mercato che oggi, di fatto, stanno trainando.

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